Flavio Montagner artista e pittore


   Con il Prof. Ottorino Stefani

Cesco Magnolato
    Con il Maestro Cesco Magnolato

   

CRITICA

Interventi critici:
Lucio De Bortoli, Gianmaria Fonte Basso, Vittoria Magno, Ottorino Stefani, Maria Claudia Simotti, Giorgio Pilla, Enrica Pasqua, Federica Postani, Elisa Motta, Aldebaran, Antonio Casali, Silvano Cavallet.

Bibliografia:
Scuola di pittura, Ottorino Stefani, Grafiche Marini Villorba 2006;
Arte Triveneta, Ottorino Stefani, Edizione d’ Arte Guelfi Verona, 2007;
I sommersi e i salvati (omaggio a Primo Levi), catalogo mostra , Poligrafica Montebellunese, 2008;
Verso la Luce, Poligrafica Montebellunese 2008
Catalogo concorso internazionale "18.24", Grafiche New Print - Jesolo lido 2008.
Catalogo - 1° Mostra Concorso Grafò - Centro la Riseria - Novara 2009.
Catalogo mostra “Love art”, Arianta Ass. Culturale, Scorzè (VE), 2009.
Catalogo “Spazio arte”, Paderno Dugnano, 2009.
“Tra sogno e realtà”, Poligrafica Montebellunese, 2010.
Catalogo “Nel cassetto dei ricordi” Concorso nazionale “La Spadarina” Piacenza, 2010.
Catalogo “Saturarte 2010”, Satura Ass. Culturale, Erredi Grafiche Editoriali, Genova 2010.
Catalogo “L'Inedito Anziano” decima edizione, 2010, - Associazione Culturale Big Ben, ottobre 2010.
Catalogo “Futurismo e Futurismi” da Boccioni a Boetti, 2010, - Il sogno di Polifilo - Montebelluna - Grafiche Tintoretto, Villorba, 2010.
Catalogo “Venti Nudi” New Artemisia Gallery, Bergamo, 2010.
7° Concorso di Pittura - G.B. Moroni, I colori della mia terra, 2010 New Artemisia Gallery, Bergamo, 2010, Grafiche Monti Bergamo.
Catalogo “Opus” 4.6, Quaderni d'Arte / C.L.R. Novara, Centro la Riseria - 2010.
Catalogo “Confronto D'Artisti” Arianta Ass. Culturale 2011, Scorzé (Ve).
Catalogo 3° Concorso Grafò, Quaderni d’Arte, c.l.R. Novara, 2011.
Catalogo Saturarte 2011, Associazione Culturale Satura, Genova.
Catalogo 8a Edizione Trofeo G.B. Moroni 2011, New Artemisia Gallery, Bergamo.
Catalogo Premio Internazionale Biennale d'Arte Asolo 2012.
Catalogo Mostra Concorso Novara Art Prize 2012, Centro Culturale "La Riseria".
Catalogo 8a Edizione Concorso Internazionale "Restiamo umani", La Spadarina 2012, Piacenza
Catalogo Saturarte 2012, Associazione Culturale Satura, Genova.
Catalogo "Italia Unita", collettiva artisti del Triveneto, Poligrafica Montebellunese.
Catalogo "Ricerca e fantasia", Concorso nazionale "La Spadarina", Piacenza 2013.
Catalogo "Tema libero" trofeo G. B. Moroni, 9a edizione, Bergamo, 2013.
Libretto 25° Palio vecchio Mercato, 2014, Ente palio Montebelluna.
Catalogo Novara prize 2014.
Catalogo Concorso Nazionale Grafò, 2015, centro culturale "La riseria", Novara.
Catalogo opere in Concorso "La Madonnina" 2015, Consorzio turistico della Vigolana (TN).
Catalogo "Saturarte 2015", Genova.
Catalogo "Venezia nel cuore" Poligrafica Montebellunese, 2016.
Catalogo VII. Aquarell Biennàlè, Tata, (Ungheria).


Notizie:
Il Gazzettino, La Tribuna di Treviso, La vita del popolo, Il Treviso, Qui Montebelluna, Sport Trevigiano, Arte, Passaparola, Mirano, Radio Veneto Uno, Corriere di Novara, Corriere del Veneto, Qui Trevignano, Le Colline di Pavese, Qui Spinea, L’Eco di Bergamo, Rivista Satura n. 15, Novara oggi, La Stampa, Tribuna Novarese, Antenna 3 Veneto, 7 Gold Telepadova, Corriere delle Alpi, L' Amico del Popolo-Belluno.

Le opere che compongono questa personale rappresentano al meglio la maturità stilistica ormai raggiunta da Flavio Montagner. In realtà, l’itinerario delle forme e del colore che la ricerca visiva di Montagner presuppone è lungo e articolato. Come ogni approdo che si rispetti, anche questo arriva dopo un lungo viaggio che l’artista ha percorso dentro di sé alla ricerca della quadratura di un cerchio che è, in sostanza, la metafora dell’esperienza di sé.
I termini profondi di tale ricerca visiva trovano risposta nella conduzione che Flavio Montagner ha imposto al suo percorso artistico. Una conduzione segnata dalla riservatezza, da una grande e significativa ritrosia per la proiezione esterna dei propri fantasmi e dei propri sogni, un autentico inno alla ricerca di uno spazio appartato ma sereno, chiuso ma curioso, vigile e ragionato.
Montagner è ora un pittore che cerca il proprio linguaggio nelle macchie di colore e nell’impasto materico con cui manipola gli elementi e attraverso il quale cerca di rappresentare il suo rapporto con le cose e con gli spazi. Nei quadri dell’artista appare allora un paesaggio intenso, a volte lancinante, più frequentemente dinamico e volitivo perché Montagner è un pittore che sembra possedere l’oggetto a cui decide di dar forma.
Ci sono voluti molti anni prima che un tale ricercatore di senso uscisse allo scoperto. Se lo ha fatto ora ciò significa che egli nutre qualche certezza attorno alle cose e al mondo. O forse, proprio perché le cose di questo mondo appaiono sempre più difficilmente definibili, Montagner ha deciso che era giunto anche per lui il momento di aiutarci a vederle.

Per finire, credo sia giusto, anche e soprattutto in questa sede, sottolineare il piacere che produce il tentativo di interpretare le ricerche e i percorsi creativi di un amico consapevoli che dietro o davanti alle sue visioni ci siamo anche noi.

Lucio De Bortoli– presentazione mostra Barchessa Manin 2004

 

Dopo la personale montebellunese di due anni fa, Flavio Montagner propone ora alla nostra attenzione un’autentica antologica. Se a Montebelluna ci siamo trovati a considerare un approdo stilistico, ora siamo piacevolmente costretti a seguire il precedente percorso formativo confluito in quell’approdo e il successivo scarto poetico, quello che ci porta all’oggi.
L’itinerario di ricerca che ci viene proposto si muove, direi tradizionalmente, lungo il consueto binario che porta dalla rappresentazione dell’oggetto fisico rintracciabile nei sensi e nel reale alla volontà di giungere a un’idea del reale che abita nelle menti degli artisti. Figurativo e astratto, insomma; ma non solo. “L’occhio e il cervello” per dirla con Cézanne al quale Montagner dedica una piccola sezione, coabitano spesso, anche quando decidono di vivere in stanze separate. In altri termini, se  l’ultima produzione dell’artista, ispirata alle volute di un astrattismo ricercato, è senza dubbio l’esito di una profonda riflessione, essa ci porge comunque la chiave per capire che Montagner è pur sempre pittore d’occhio. Se la Venezia degli inizi è un’epifania sentimentale, la Venezia di oggi è la trasfigurazione di un’idea necrofila della città che si fa, da tempo, sempre più evidente anche alla vista. In questo senso, la veduta veneziana di Montagner appartiene a pieno titolo alla drammaticità di un’idea che si fa visione reale perché anche le apparenze non ingannano più. Il pensiero di questa Venezia si fa dunque sguardo reale.
L’antologica di Flavio Montagner è anche un elogio alla citazione. In questo senso, l’artista si muove in un quadro di ormai consolidata post-modernità dichiarando e ostentando i propri consapevoli prestiti. Ne sono prova evidente gli omaggi ai riferimenti (Cézanne, Guttuso) e alle scuole storiche. Si tratta di un’altra dimostrazione di maturità da parte di un pittore che si è nascosto per decenni pago nel suo dipingere in assoluta libertà; di un pittore che ancora oggi indulge nella convinta minimizzazione della sua arte, quasi incredulo di aver finalmente portato la sua nave in mare aperto. Quel che Montagner non sa - o rifiuta di sapere - è che la sua nave ci può portare nei porti più lontani, quelli in cui la vita si rivela e attraversa, magari per un attimo, anche le nostre sistematiche distrazioni.

Lucio De Bortoli – presentazione mostra Villa Benzi Zecchini 2006

 

Le prime esperienze pittoriche di Flavio Montagner sono chiaramente improntate dalla fondamentale lezione di Cézanne e Gino Rossi. In seguito l’artista si è orientato verso una visione informale della realtà attraverso la tecnica dello sgocciolamento, recuperando così la lezione dello Spazialismo Veneziano. (Ottorino Stefani, Arte Triveneta, Edizioni d’ Arte Giorgio Ghelfi – Verona- 2006)

Vuole essere un omaggio a Primo Levi e un ulteriore supporto alla “Memoria” la serie di opere “I Sommersi e i salvati” con cui l’artista montebellunese Flavio Montagner affronta il tema dei campi di sterminio, servendosi della tavolozza per evidenziare gli aspetti del grigio e monotono orrore di un genocidio studiato a tavolino. Dal giallo della stella di David, immersa nel rosso di un sangue seccatosi nelle vene delle vittime ancor prima del sacrificio, al nero dei binari diretti alla porta del “non ritorno”; dalla danza quasi pirotecnica de “I Sommersi e i salvati” alle segnature di grondanti pennellate che marcano i giorni e le notti di Auschwitz; dallo spettrale chiarore de “la fossa” al policromo turbine di pensieri in “concentrazione”, fino al nuovo rosso di un’aurora che illumina la “disperata speranza” di una via di fuga.

Vittoria Magno – Omaggio a Primo Levi, Il Gazzettino, 6 febbraio 2008

 

Ho avuto l ‘occasione e il piacere di accompagnare le prime due personali di Flavio Montagner e di riconoscervi un itinerario formativo complesso e articolato. Dal figurativo ai “prestiti” novecenteschi, la poetica dell’ artista è apparsa, almeno sino ad un certo punto del suo arco evolutivo, segnata dalla “citazione”. E, in questo senso, va ancora e sempre ricordato che in arte, in letteratura o in musica, la citazione è ormai una categoria stilistica. In un quadro artistico plurisecolare che ha, come è noto, “detto tutto” in termini di superamento dei “confini”, la “citazione” è la categoria che, più di ogni altra, presuppone l’ esistenza di un  pittore che, per essere tale, oggi, non può che essere colto. L’ intellettuale che dipinge (o scrive, o compone) è la chiave di lettura delle esperienze artistiche che possano rivendicare una soglia accettabile di onestà intellettuale: non si può ignorare ciò che è stato fatto (detto, composto) per la semplice ragione che non c’è più nulla da “superare” o da valicare.
Detto questo, tuttavia, la nuova proposta di Montagner consente un approccio ai tentativi di leggere ciò che viene esposto in termini assolutamente nuovi: Nel dedicare le sue opere al respiro del Primo Levi de “I sommersi e i Salvati”, l’ artista intravede, anche per noi che “leggiamo”, una possibile nuova frontiera dell’ arte (grande o piccola che sia, questo è questione che lasciamo volentieri ai professionisti della critica), vale a dire la tentazione della tematica.
La mostra di Montagner non è infatti una raccolta o una collezione; essa è una “lettura” linguistica dell’ universo concettuale e umano che Levi distilla nel suo implacabile, durissimo e lucidissimo ragionare attorno all’ Olocausto del 1986. In altri termini, l’ operazione che ci troviamo a commentare contiene una valenza “culturale”, quella che per molti decenni non si considerava possibile a proposito dell’ universo concentrazionario e di sterminio. Più esplicitamente, si tratta del tentativo di dare forma e rappresentazione alle sequenze categoriali di Levi: la zona grigia, i salvati, i rapporti tra testimonianza e memoria. Montagner, in sostanza, cerca di dare risposta a quella che Levi considera la “parzialità della parola” – l’ impossibilità cioè per la parola di dar integralmente conto di quanto è avvenuto – attraverso gli strumenti e i materiali della sua poetica. Il risultato pare fondere in un unicum grandi asprezze e profonde dolcezze, la terribilità del colore e l’ affetto delle sue volute, le fatalità e le fughe, la linea e l’ intreccio: il tutto sorretto da una grande attenzione alla materia e così svelando la consapevolezza che da essa dipende un’ esistere, seppur privo di senso.
Un tentativo certamente ambizioso e, per alcuni, magari anche velleitario. Eppure, al di là di qualsiasi considerazione pre-giudiziale, a me sembra che le sequenze che costituiscono il “tentativo” costituiscano una tappa d’ artista e, al tempo stesso, una formidabile intuizione.
Montagner sembra dire l’ impotenza di tradurre ciò che tutti sappiamo. Nel far ciò dichiara un programma e sottolinea le sue intenzioni. Ed è questa la tappa. E la tappa si spiega nel prendere atto che è giunto ormai il momento, per l’ arte in genere, di considerare terminata la lunga stagione dei salotti retorici dell’ arte per l’ arte, per non parlare delle amache di una tradizione veneta che non ci serve più per leggere il deserto dell’ oggi. Oggi, un percorso di lettura dell’ uomo, della materia, della natura e del “sistema” che produce le categorie spazio-temporali e la sede di ciò che siamo, non si esaurisce più in stilemi e scuole, in percorsi paralleli –tipici di certo astrattismo- in cui si continua, superomisticamente, a ricreare un “mondo altro”: oggi, fare arte significa caricarsi sulle spalle il fardello “reale” di una soggettività storica e civile da troppo tempo insolvente nelle lande artificiali di una stagione artistica decorativa e edonista, tutta racchiusa nelle applicazioni effimere e del tutto inconsistenti che da tempo ci vengono offerte chiavi in mano.
La mostra di Flavio Montagner, almeno sotto questo profilo, è la risposta che la consapevole pittura dei contenuti dà a chi è ormai stanco delle liturgie prive di corpo e di anima previste dal carrozzone mercantile dell’ arte.

Catalogo: Lucio De Bortoli, Presentazione mostra:
"I Sommersi e i Salvati" (Omaggio a Primo Levi),
Biblioteca comunale di Montebelluna, 2008

 

Il pittore montebellunese, Flavio Montagner ha percorso un lungo itinerario, creativo ed operativo, all’ insegna, ormai codificata ( in tutti i campi e i settori dell’ arte e della società dei consumi) con  il termine “ Postmoderno “.
Un termine che, nel caso di Montagner assume un particolare significato antropologico, in quanto nato in una Terra, dove esiste una consolidata tradizione pittorica.
I suoi esordi sono legati a molteplici ricerche sperimentali, che vanno dall’ assunzione di moduli stilistici neoespressionisti ( Gino Rossi e Van Gogh ) a sintesi geometrizzanti postcubiste legate, soprattutto, ad esperienze espressive del paesaggio montelliano dipinto sovente da chi scrive.
Un terzo percorso operativo e direi, molto stimolante, ( sul piano di una intensa esperienza, soprattutto estetica ), è quello dedicato dall’ artista alla rivisitazione di alcune fondamentali opere di Renato Guttuso. Un pittore amato non solo per la sua aderenza a temi “concreti”, “neorealistici”, ma anche per la sua capacità di rendere la “forma del contenuto” in termini di vibrante intensità cromatica, di origine espressionista e fauvista, ma anche legata a matrici siciliane, romane e venete: sperimentate a contatto con i componenti del Fronte Nuovo delle arti ( Pizzinato, Santomaso, Vedova).
Abbiamo richiamato il movimento creato da Giuseppe Marchiori, nel 1945, in quanto nell’ ultima produzione di Flavio Montagner, dedicata, in termini simbolici, allo sterminio degli Ebrei, compiuto dagli aguzzini dell’ esercito Tedesco, è presente un forte impegno civile ed una partecipazione emotiva molto aderente alle ricerche formali, di impronta gestuale e materica. Una aderenza che è formazione di un linguaggio come “Dimora dell’ Essere” (Heidegger), come impulso primordiale di penetrare nel dramma attraverso il colore, le linee, l’ improvviso bagliore di luci lampeggianti, portatrici di distruzioni e di morte. In tali opere, spesso incentrate sul tema della “Stelle di David”, il ricordo delle guerre si fa aspra e risentita “protesta”, attraverso il ritmo vorticoso o spezzato delle pennellate, dei grumi di colore, del gesto immediato e sempre attento a rendere il nucleo sostanziale della tragedia che affonda le radici nel mare di Caino. E non si tratta di esaltare una pianura “santificata dal sangue degli eroi”, ma di raffigurare la morte come emblema perenne di un Olocausto che ha segnato per sempre la civiltà occidentale.
La serie delle Stelle di David, dipinte da Montagner, sono raramente illuminate dall’ “Oro di Bisanzio”: quasi sempre sono presentate come forme sfrangiate, tormentate, quasi fossero le corone di spine sul capo di un Cristo “morto per sempre”, (secondo il pensiero, nato dopo Auschwitz, dei non credenti). La stessa tecnica dello “sgocciolamento”, e dei vortici lineari informali, crea sovente l’ idea che la forza distruttiva è sempre presente nel cuore dell’ uomo: inquietante e mostruosa, capace di oscurare le vie della luce tracciate dalla Divina Provvidenza.
I “tempi” della ricerca espressiva di Montagner, sono incentrati sul “trittico”.Dopo la serie delle “stelle” martoriate (tra cui qualcuna emergente da fondi “rosso-sangue”), l’ artista crea una sequenza dedicata ai campi di concentramento e alle distruzioni provocate dai bombardamenti.
I titoli dei drammatici eventi sono eloquenti: Interni ad Auschwitz: vale a dire veri e propri inferni, creati sulla terra dalla forza oscura del Male, per sconfiggere il Bene; il male non fa parte soltanto dei perseguitati, ma anche talvolta dei guardiani delle SS, dei Tedeschi.
Tali considerazioni appartengono a Primo Levi: testimone e vittima, fino al sacrificio supremo, dello sterminio degli Ebrei: un popolo che sembra scontare, attraverso la storia una sorta di “peccato originale”. Il capitolo centrale dell’ ultimo libro di Levi, I sommersi e i salvati, è significativamente intitolato La zona grigia, nella quale emerge lo strazio del ricordo e quasi un senso di colpa per essere sopravvissuti a tanta sofferenza fisica e morale, accanto a compagni che tradivano per salvare loro stessi.
La terza fase della sequenza, quasi cinematografica, realizzata dal pittore montebellunese, evoca proprio tale “zona grigia”. Una zona che nel raffigurare il Male, le Fosse, appare investita da una misteriosa inquietudine esistenziale: un’ inquietudine che emerge anche sul piano di una complessa invenzione formale.
Accanto a strutture tormentate e stratificate da vortici impetuosi e drammatici, il pittore realizza zone di quiete malinconica: i grigi sono talvolta riscaldati da qualche tonalità roseo-violacea: evidente simbolo di una sia pur lieve speranza di rinascita, di fuga dai campi seminati di cadaveri, dalla stessa morte fisica. Una “morte cristiana” che si configura, a volte, in improvvise apparizioni di nuvole bianche e trasparenti o nelle sagome di esseri che alludono ad anime che salgono verso il cielo per giungere, finalmente, alla Pace eterna.
Tale connotazione, sospesa tra Saturno e Apollo, la ritroviamo in un trittico di opere: I sommersi e i salvati, Via di fuga e  La tempesta di Puskin ovvero il ritorno. Tre dipinti che segnano un passaggio dalla presenza dell’ eterno “ritorno dell’ ombra” sinistra della morte ad una possibile salvezza in chiave cristiana.
Nella Via di fuga si assiste ad un’ “apertura” centrale di una zona rotondeggiante dipinta con tonalità rosso-arancione mentre dal “nero “ terreno si alza un groviglio di sterpaglie, simili ad una corona di filo spinato verso un rosso tizianesco: evidente omaggio al genio cadorino.
La Tempesta di Puskin ovvero il ritorno, richiama il titolo del capolavoro della pittura giorgionesca: l’ opera più inquietante e misteriosa dell’ arte di tutti i tempi.
Flavio Montagner evoca una “Tempesta” di neve con un tono di suffusa elegia montelliana:
“Passeranno gli anni che non perdonano,
sparsi di nevi che si sciolgono, di uccelli
che fendono l’ azzurro nel palpito delle ali.
Chiameremo col vero nome,
l’ offesa che perisce la sua fede,
il regno della volpe moribonda.
Montagner ha voluto rendere omaggio al suo vecchio insegnante (di cui abbiamo riportato alcuni versi), con un trittico che riprende tre dipinti realizzati negli anni sessanta.”
Un omaggio che è anche un ritorno al “nido pascoliano” della campagna montebellunese dove “fanciullo” vedeva il mondo come una sorta di paradiso terrestre e partecipava al rito dei lavori dei campi e dell’ ambiente rurale, con “gioia di vivere”. Persino l’ uccisione del maiale era un avvenimento festoso, in quanto amici, parenti, e ragazzi, erano interpreti ideali di una commedia “rusticana” e “dialettale”, scritta, si direbbe, per la straordinaria vena narrativa, aderente alla “verità” dei fatti, dallo scrittore Aldo Durante. Con i tre dipinti “montelliani”, Flavio Montagner, ritorna, ancora una volta, ai miti dell’ infanzia, dell’ adolescenza e della prima giovinezza. Ritorna soprattutto alla bianca strada fiancheggiata da alberi (uno dei suoi primi lavori), per ritrovare se stesso immerso nella poesia agreste e contemplare se stesso nelle immagini apparentemente impassibili della natura.
In realtà, dall’ Impressionismo in poi,attraverso la raffigurazione di un paesaggio, o di una natura morta, l’ artista può “raccontare” una vera e propria vicenda esistenziale. L’ importante è sentire il mondo circostante come luogo di ritrovata armonia luminosa e cromatica.
Possiamo affermare che nel ciclo dedicato alle spaventose tragedie della seconda guerra mondiale, Flavio Montagner ha raggiunto una maturità umana e sociale, grazie anche al suo serio impegno culturale. Il suo messaggio estetico, quindi, è riuscito a mettere in luce il Male che ha segnato la storia dell’ “uomo del nostro tempo”, descritto da Quasimodo in una sua nota poesia,

Alle fronde dei salici:

E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’ erba dura di ghiaccio, al lamento
d’ agnello dei fanciulli, all’ urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.

Catalogo: Ottorino Stefani, Presentazione mostra:
"I Sommersi e i Salvati" (Omaggio a Primo Levi),
Biblioteca comunale di Montebelluna, 2008

 

Le nebulose apparizioni di Flavio Montagner, in cui affiorano evanescenti venezie dilavate dal flusso mestico, sciabordanti nell’imprecisata temperie di una intermittente reverìe.

Maria Claudia Simotti – presentazione collettiva Galleria Studio Logos, Roma 2008

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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